CESARE BRIANO, LA FEROCIA DEGLI SCONFITTI
Testo di Andrea Oliveri
Cesare Briano (Cadibona, 1925 – Osiglia, 1945)
Luogo: 11 via Cesare Briano a Valleggia
“Mamma, mamma mia!”: il grido di dolore di Cesare Briano riecheggiava in tutta la valle intorno al piccolo paese di Osiglia, in località Monte. Il partigiano ‘Abete’, nato a Cadibona e marittimo di professione prima della guerra, era caduto nelle grinfie della spietata Banda Ferraris, compagnia di ordine pubblico della Guardia Nazionale Repubblicana che operava tra Imperia, Savona e Cuneo.
Lo avevano catturato, mentre stava recuperando munizioni in una grotta nei boschi della Baltera.
Era il 4 aprile 1945 e due giorni prima aveva compiuto vent’anni. Mancava poco alla Liberazione, per questo i nemici, rancorosi per la disfatta che si stava delineando su tutti i fronti, mostravano più ferocia del solito: “Chiamare tua madre non ti servirà a nulla visto che non la rivedrai mai più!” lo schernivano. E intanto lo costringevano a scalare un dirupo a forte pendenza con pesanti cassette di munizioni sulle spalle. Come fosse una bestia da soma.
Il giovane cercava di salire, ma sapeva bene che non avrebbe potuto farcela, con le ferite riportate nel rastrellamento e le ossa rotte dai colpi che gli infliggevano gli aguzzini con i calci dei fucili.
Ogni volta desisteva cadendo, stremato dallo sforzo.
Finché i militari tedeschi che accompagnavano la banda anti partigiana, decisero di mettere fine a questa tortura, lo sollevarono e dopo averlo avvicinato a un castagno, lo fucilarono.
Il suo corpo cadde giù per quel dirupo che non era riuscito a scalare. Più tardi i resti di Cesare Briano vennero avvistati vicino a un ruscello da un suo compagno della Quinta Brigata Fratelli Figuccio della 1° Divisione Garibaldi Bevilacqua. Venne recuperato e trasportato nella Chiesa della Madonna della Neve.
Qui, le donne del luogo ebbero pietà e lavarono il suo corpo e lo rivestirono per una sepoltura momentanea. Sarà riportato a Quiliano alla fine della guerra.